Come posso aiutare mio figlio ad avere più autostima?
Mio figlio frequenta la seconda media ed è dislessico e ha anche una leggera disortografia.
Alle elementari ha sempre avuto un buon rapporto con i compagni di classe, ma alle medie le cose sono cambiate. Già l’anno scorso lo prendevano in giro chiamandolo “analfabeta” o “asino”. Piano piano queste parole hanno abbattuto l’autostima di mio figlio (già precaria). Ho paura che quest’anno le cose non cambino, nonostante io abbia informato gli insegnanti di questi episodi.
Come posso aiutare mio figlio a capire che sono parole a caso e aiutarlo a credere nelle sue capacità?
Daniela Evaroni
Le scuole medie rappresentano un momento delicato nella crescita dei nostri figli, sono anni di passaggio tra l’infanzia e l’adolescenza, tra un prima in cui regnava la semplicità, il gioco, la spensieratezza e un dopo in cui i ragazzi saranno proiettati verso l’esterno, oltre il nucleo familiare, con una loro personalità più definita. In questi anni accade, così, che il bambino si trovi a dover fronteggiare situazioni spiacevoli, quali quelle da lei descritte.
Per favorire lo sviluppo dell’autostima, è necessario che egli sperimenti il suo sé vincente e per farlo necessita di cimentarsi in attività in cui riesce. Queste possono essere svariate e variano da persona a persona: può essere lo sport piuttosto che l’attività espressiva di qualsiasi genere e forma. Impegnarlo, pertanto, in attività extrascolastiche a lui gradite e in cui sente di riuscire bene, gli permetterà di percepirsi in grado di fare, in grado di riuscire e, di conseguenza, aumenterà il suo senso di autoefficacia.
Dicasi altrettanto in ambito scolastico. Il PDP che il bambino dovrebbe avere, dovrebbe essere calibrato sulle sue potenzialità, abilità proprio per fargli sperimentare il successo scolastico e far sì che si attivi quel circolo virtuoso che parte dal “sono capace di”, passa dal “mi sento in grado di far questo perché so di poterlo fare” fino ad arrivare a quell’eliquilibrio e fiducia nelle proprie capacità di cui stiamo parlando.
Cordiali saluti
Dott.ssa Daniela Evaroni